di David P.Woetzel – 09/07/2015
Sommario
Mentre la nostra conoscenza dei segreti microscopici della vita è in continuo progresso, è istruttivo riflettere sulla storia dell’ipotesi della generazione spontanea per verificare se le scoperte scientifiche stiano di fatto progredendo nel modo predetto da un anti-creazionista circa venti anni fa:
Se la mia tesi sarà dimostrata, la prossima volta che udrete i creazionisti parlare dell’ “impossibilità” di costruire una particolare proteina, …potrete sorridere in modo beffardo e riconoscere quanto essi siano lontani dalla realtà. … Dato il rapido progresso nella nostra comprensione della biologia molecolare, non ho dubbi che presto giungeranno spiegazioni soddisfacenti a questo problema. (Doolittle, 1983, s. 96).
I Concetti Della Generazione Spontanea
Aristotele (384-322 a.C.), filosofo e scienziato greco, espresse l’ipotesi che la materia in decomposizione potesse trasformarsi, attraverso l’ “azione spontanea della Natura”, in animali viventi. Gli scienziati classici, fino a soltanto 200 Vuosia sitten, credevano nel vitalismo, l’idea che la materia non vivente come lo sporco e umido fieno, o la carne in decomposizione, avessero un’innata vitalità, tale da dar luogo spontaneamente a forme di vita “semplici”. Francisco Redi è ricordato per i suoi esperimenti, nel diciottesimo secolo, con cui dimostrò che i vermi non derivavano dalla carne, ma dalle mosche che vi avevano depositato sopra le uova. Negli anni ’60 del diciannovesimo secolo, Louis Pasteur condusse la sua famosa confutazione scientifica della generazione spontanea, in cui sterilizzò e sigillò contenitori di sostanze nutritive, dimostrando che solo la vita genera la vita – la legge della biogenesi. Riflettendo su questo, Wald (un sostenitore della generazione spontanea) nota:
Noi raccontiamo questa storia agli studenti principianti di biologia, come se rappresentasse un trionfo della ragione sul misticismo. In effetti, si tratta quasi del contrario. L’opinione ragionevole era quella di credere nella generazione spontanea; l’unica alternativa, credere in un singolo, primario atto di creazione soprannaturale. Non c’è una terza posizione. Per questa ragione molti scienziati un secolo fa scelsero di considerare il credere nella generazione spontanea come una ‘necessità filosofica’. È un sintomo della povertà filosofica del nostro tempo che questa necessità non sia più apprezzata. La maggior parte dei biologi moderni, avendo assistito con soddisfazione al crollo dell’ipotesi della generazione spontanea, non volendo però accettare l’alternativa della creazione speciale, sono rimasti senza nulla. (Wald, 1954, s. 46).
I darwinisti, alla ricerca di questa “necessità filosofica”, il naturalismo, hanno investito grandi sforzi nel tentativo di colmare il vuoto tra ciò che non ha vita e la vita stessa, sia sul campo che in laboratorio. Tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo, la speranza era quella di trovare quegli “intermedi” tra la rozza chimica e la cellula. Luminari dell’evoluzionismo come Haeckel e Huxley offrirono un supporto incondizionato al Bathybius, lo strato melmoso del fondo oceanico che per un tempo si pensò essere vivente. Anche l’ Eozoon, un prodotto di una roccia metamorfica, una volta si supponeva essere organico. “Eozoon entrò nella quarta edizione dell’ Origine delle specie con la benedizione della firma di Darwin: ‘È impossibile avere dubbi sulla sua natura organica’ (Gould, 1980, s. 239).
Successivamente gli evoluzionisti spostarono il loro sforzo verso la sintesi della vita in laboratorio. Le idee di J. B. S. Haldane negli anni ’20, ispirarono l’espressione “brodo primordiale” e gli esperimenti sulle origini della vita erano progettati per ricreare le condizioni primitive della terra. Anche se gli scienziati avessero avuto successo in questo tentativo, ciò non avrebbe dimostrato con certezza che la vita sia potuta sorgere senza l’intervento intelligente in un ambiente naturale ostile. Ad oggi, essi hanno fallito completamente. “Lisäksi, nessuna evidenza geologica indica che un brodo organico, nemmeno un minuscolo stagno organico, sia mai esistito su questo pianeta.” (Thaxton, et al., 1992, s. 66). Ci fu un’euforia di breve durata grazie agli esperimenti del brodo prebiotico di Miller negli anni ’50. Bollendo e caricando elettricamente una miscela di metano, ammoniaca, idrogeno e acqua, si producevano alcuni amminoacidi. Ma il lavoro successivo mise in luce solo nuove barriere tra la chimica complessa e la più semplice vita possibile. Trovare i mattoni da costruzione non risolve il problema, come trovare le pietre non può spiegare la produzione naturalistica di un’antica cattedrale.
Nell’autunno del 1976, a dispetto delle grandiose predizioni di astronomi come Carl Sagan, la missione Viking su Marte fallì nel rilevare la minima traccia di vita. Iniziarono finalmente ad essere riconosciute le difficoltà statistiche. Wilson illustra una piccola parte del problema probabilistico, concentrando l’attenzione sui 10 enzimi coinvolti nella glicolisi:
Si calcola che la polimerizzazione casuale e non diretta di questi enzimi da una miscela dei venti amminoacidi, avviene con una probabilità intorno a 10-1000. Anche con tassi di polimerizzazione relativamente veloci e su una scala temporale di un miliardo di anni, si è stabilito che la probabilità che anche una sola copia di ciascuno di questi enzimi si produca spontaneamente, è infinitesima. La probabilità totale non migliora di molto anche se viene considerato solo uno dei dieci enzimi e, naturalmente, diventa ridicolmente trascurabile per le migliaia di enzimi differenti in un tipico batterio. (Wilson, 1983, s. 95-96).
La Teoria Del Disegno Intelligente
Come risultato di tali calcoli, alcuni scienziati abbracciarono la teoria del Disegno Intelligente, asserendo che sistemi biologici complessi non sarebbero mai sorti in maniera naturale. Perfino evoluzionisti molto autorevoli, come Hoyle, determinarono che le probabilità di abiogenesi (la prima vita derivante da materia non vivente) su questa terra sono così fenomenologicamente basse che postularono la vita proveniente dallo spazio (panspermia):
Non so quanto tempo passerà prima che gli astronomi riconoscano in modo generale che dal punto di vista combinatorio nemmeno uno tra le molte migliaia di biopolimeri da cui dipende la vita, potrebbe essere raggiunto attraverso un processo naturale qui sulla terra. Gli astronomi avranno qualche difficoltà a capire questo perché avranno l’assicurazione dei biologi che le cose non stanno in questo modo. Gli ‘altri’ sono un gruppo di persone che credono, piuttosto apertamente, nei miracoli matematici. Essi sostengono il credo che, nascosta nella natura, al di fuori della fisica che conosciamo noi, ci sia una legge che compie miracoli (a patto che i miracoli siano d’aiuto alla biologia). Questa curiosa situazione risiede curiosamente su una professione che
a lungo è stata dedicata a trovare spiegazioni logiche ai miracoli biblici. …Ciò è abbastanza, kuitenkin, per gli esecutori dei moderni miracoli matematici, che si trovano sempre a vivere agli estremi confini della termodinamica. …La nozione che si potrebbe giungere non solo ai biopolimeri, ma al programma operativo di una cellula vivente, sattumalta, in un brodo organico primordiale qui sulla Terra non ha evidentemente affatto senso. La vita deve essere chiaramente un fenomeno cosmico (Hoyle, 1981, s. 526-527)
Yockey mostra che Hoyle non è solo:
La fede nelle dottrine infallibili e complete del materialismo dialettico, gioca un ruolo cruciale negli scenari dell’origine della vita, e specialmente in esobiologia e nella sua definitiva conseguenza: la dottrina della civilizzazione extraterrestre avanzata. Che la vita deve esistere da qualche parte nel sistema solare su ‘pianeti altrove idonei’ è ampiamente e tenacemente creduto a dispetto della mancanza di evidenze o addirittura dell’abbondante evidenza contraria. (Yockey, 1981, s. 27-28).
La più recente chimica dell’origine della vita, dai “proteinoidi” che si pensava si fossero formati sull’orlo di un vulcano, al mondo del RNA che precede il DNA, alle nuove idee circa le crete minerali inorganiche, è stata studiata con grande attenzione. Il totale fallimento di queste teorie è evidenziato dagli evoluzionisti seguaci di Gould, che credono in una sorta di predestinazione biochimica, una vaga reminescenza del vitalismo. Dopo aver constatato l’evidenza che la vita sulla terra iniziò molto prima di quanto si pensava, Gould affermò: “…Non so che messaggio leggere in questa scala temporale, se non la proposizione che la vita, sorta il prima possibile, era chimicamente destinata a realizzarsi, e non il risultato casuale di improbabilità accumulate.” (Gould, 1990, s. 16-17).
Dato che processi noti fallivano nel razionalizzare un’origine naturalistica della vita, i proponenti del naturalismo furono forzati (attraverso i dati e le loro predisposizioni filosofiche) a ritrattare le asserzioni non provabili, che processi deterministici sconosciuti fossero sufficienti. Il premio Nobel DeDuve concorre con Gould:
Un’altra lezione dell’Età della Chimica è che la vita è il prodotto di forze deterministiche. La vita fu costretta a sorgere rapidamente sotto la pressione delle condizioni dominanti, e sorgerà similmente ovunque e ogniqualvolta si otterranno le medesime condizioni… La vita e la mente non emergono come risultato di casualità bizzarre, ma come manifestazione naturale della materia, scritta nella fabbrica dell’universo. (DeDuve, 1996, s. xv-xviii).
Più recentemente Paul Davies immaginava che:
Una certa sorta di processi fisici autonomamente organizzatisi potrebbero dar luogo ad un sistema fisico al di sopra di una certa soglia di complessità, al qual punto questa nuova edizione delle “leggi della complessità” inizierebbe a manifestarsi, conferendo al sistema un effetto inatteso di auto-organizzazione e auto-complessivizzazione… Sotto tali leggi, il sistema potrebbe rapidamente dirigersi verso la vita. (Davies, 1999, s. 259).
ReMine indica che “Ciò si limita semplicemente a sostituire le antiche, sconosciute forze fisiche con nuove, sconosciute forze ‘naturalistiche’. (ReMine, s. 95).
La citazione di Hoyle di cui sopra si riferisce alle leggi della termodinamica. Queste sono state applicate alla complessità biologica nel campo nascente della teoria dell’informatica. In modo molto simile in cui sistemi complessi di istruzioni comandano i computer, i sistemi viventi vengono costruiti usando vaste librerie di informazioni immagazzinate nel codice genetico. La teoria dell’informatica predice che proprio come le routine utili ai computer non sorgeranno in modo casuale, così gli incrementi nelle informazioni che il DNA deve codificare per le funzioni biologiche non accadranno senza un intervento intelligente. Persino evoluzionisti come Davies riconoscono il problema:
La teoria della comunicazione – o teoria dell’informatica, come è nota oggi – afferma che il rumore distrugge le informazioni, e che il processo inverso, la creazione dell’informazione attraverso il rumore, sarebbe un miracolo. Un messaggio che emerge spontaneamente dalle onde radio sarebbe sorprendente come la marea che crei orme sulla spiaggia. Torniamo allo stesso vecchio problema: la seconda legge della termodinamica insiste che le informazioni non possano sgorgare più spontaneamente di quanto il calore possa fluire dal corpo più freddo a quello più caldo. (Davies, s. 56-57).
Behe osserva che la teoria del disegno intelligente non ha bisogno di invocare il soprannaturale per presentare un argomento che spieghi la creazione di questi sistemi biologici. Dopo aver discusso l’intervista del 1992 di Sir Francis H. C. Crick in Scientific American, in cui vengono esplorate le sue convinzioni esposte in “Directed Panspermia”, Behe spiega:
La ragione primaria per cui Crick accetta questo punto di vista ortodosso è che egli giudica l’origine non diretta della vita un ostacolo virtualmente insormontabile, se si vuole una spiegazione naturalistica. Per i nostri scopi presenti, la parte interessante dell’idea di Crick è il ruolo degli alieni, che egli ipotizza abbiano inviato batteri sulla terra. Ma lui poteva con altrettanta evidenza dire che gli alieni in effetti progettarono quei sistemi biochimici irriducibilmente complessi della vita che inviarono qui, e progettarono anche i sistemi irriducibilmente complessi che si svilupparono successivamente. La sola differenza è il passaggio al postulato che gli alieni costruirono la vita, mentre Crick originariamente speculò che essi la inviarono qui. Non è un salto molto azzardato, kuitenkin, dire che una civiltà capace di inviare astronavi su altri pianeti sia anche in grado di progettare la vita – specialmente se tale civiltà non è mai stata osservata. Disegnare la vita, si potrebbe osservare, non richiede necessariamente abilità soprannaturali; richiede piuttosto molta intelligenza. Se uno studente laureato in un moderno laboratorio terrestre può pianificare e realizzare una proteina artificiale che fissi l’ossigeno, allora non c’è nessuna barriera logica a pensare che una civiltà avanzata su un altro mondo possa progettare cellule artificiali dal nulla. (Behe, 1998, s. 248-249).
Johtopäätös
Diventa ora chiaro che anche per il naturalista impegnato, ci sono molte più alternative razionali rispetto agli scenari di generazione spontanea. Ma qualcuno potrebbe obiettare che questa soluzione che coinvolge il disegno intelligente della vita sulla terra lasci ancora irrisolto il problema della vita iniziale. Behe risponde che il viaggio nel tempo (che permette agli ingegneri del futuro di seminare la vita) è stato seriamente proposto da alcuni fisici; oppure che i naturalisti possono postulare che la vita aliena sia così radicalmente differente da qualsiasi cosa abbiamo conosciuto che non esibirebbe le caratteristiche progettuali della biologia empirica. Per coloro la cui predisposizione filosofica non preclude la considerazione dell’intervento soprannaturale, la conclusione più ragionevole da trarre dall’annosa ricerca sull’ipotesi della generazione spontanea è che il fenomeno della vita implica un Creatore. Dembski nota che ci sono solo “due opinioni: o il mondo deriva il suo ordine da una sorgente ad esso esterna (una 1° creazione) oppure possiede un suo ordine intrinseco, Tarkoittaa mitä, senza impartizione dall’esterno.” Nel presentare la sua “Legge della Conservazione dell’Informazione” conclude: “l’unica considerazione coerente d’informazione è il progetto”. (Dembski, 1999, s. 15, 99). Dopo aver narrato l’azione
creativa di Dio, le scritture chiariscono che “In lui era la vita; e la vita era la luce degli uomini.” (Giovanni 1:4). Indipendentemente allora dal punto di vista metafisico di una persona, è giunto il tempo in cui le ipotesi coinvolgenti la generazione spontanea della vita come la conosciamo muoia di una morte naturale.
Riconoscimenti
Ringrazio in particolar modo Walter ReMine per gli illuminanti commenti sulle bozze di questo articolo. Sono anche debitore ai revisori per i preziosi suggerimenti.Riferimenti
Behe, Michael J. 1998. Darwin’s black box. The Free Press, New York.
Davies, Paul. 1999. The fifth miracle: the search for the origins of life. The Penguin Group, New York.
DeDuve, Christian. 1996. Vital Dust. Basic Books, New York.
Dembski, William A. 1999. Intelligent design: the bridge between science and theology. InterVarsity Press, Downer’s Grove, IL.
Doolittle, Russel F. 1983. Probability and the origin of life. Scientists Confront Creationism, Laurie R. Godfrey (editore). W. W. Norton, New York.
Gould, Stephen J. 1980. The panda’s thumb. W. W. Norton, New York.
Gould, Stephen J. 1990. Enigmas of the small shellies. Natural History. Ottobre: 16-17.
Hoyle, Sir Fred. 1981. The big bang in astronomy. New Scientist 92: 526-527.
ReMine, Walter. 1993. The biotic message. Saint Paul Science, Saint Paul, MN.
Thaxton, Charles, Bradley, Walter; e Olsen, Roger. 1992. The mystery of life’s origin: reassessing current theories. Lewis and stanley, Dallas, TX.
Wald, George. 1954. The origin of life. Scientific American 191:46.
Wilson, John H. 1983. L’origine della vita. In Wilson, D. B., Did the devil make Darwin do it? Iowa State University Press, Ames, IA.
Yockey, Hubert P. 1981. Self-organization origin of life scenarios and information theory. Journal of Theoretical Biology 91:13-31.