आईएल 22 maggio 2015 la prestigiosa rivista New Scientist ha pubblicato una lettera aperta alla comunità scientifica firmata da oltre 150 scienziati di tutto il mondo: astrofisici, astronomi e fisici, tra cui alcuni italiani. Ne dà notizia il settimanale Internazionale a pagina 54 del numero 542, 4/10 जून 2015. Il testo della lettera e l’elenco dei firmatari sono disponibili sul sito www.cosmologystatement.org. Ecco i brani più significativi:
“La teoria del big bang dipende da un numero crescente di entità ipotetiche e mai osservate – come l’espansione, la materia nera e l’energia nera, per citare solo le principali. Senza queste ci sarebbe una contraddizione fatale tra le osservazioni fatte dagli astronomi e le predizioni della teoria. Un simile e continuo ricorso a nuovi oggetti ipotetici allo scopo di colmare il divario tra teoria ed osservazione, non sarebbe accettato in nessun altro campo della fisica, o quanto meno avrebbe sollevato seri problemi sulla validità della teoria […]
Ma la teoria del big bang non può sopravvivere senza queste frottole […] Eppure il big bang non è l’unica concezione disponibile per comprendere la storia dell’universo […] Vi sono approcci alternativi che spiegano i fenomeni fondamentali del cosmo, compresa l’abbondanza di elementi leggeri, la generazione di strutture grandi, la radiazione cosmica di fondo, e l’aumento del red shift con l’aumento della distanza delle galassie. Questi modelli hanno persino predetto fenomeni nuovi che poi sono stati osservati, cosa che il big bang non è riuscito a fare […]
Eppure tali alternative non possono essere né discusse né esaminate liberamene. Nella maggior parte delle conferenze ufficiali manca lo scambio aperto delle idee. Mentre Richard Feynman poteva dire che “la scienza è la cultura del dubbio”, oggi nella cosmologia il dubbio ed il dissenso non sono tollerati. Gli scienziati giovani imparano a tacere quando hanno da dire qualcosa di negativo del modello standard del big bang, per paura che se esprimessero i loro dubbi perderebbero i finanziamenti per la ricerca.
Perfino le osservazioni vengono attualmente interpretate attraverso questo filtro distorto, e giudicate giuste o sbagliate a seconda che sostengano o meno il big bang. Così i dati discordanti sui red shifts, l’abbondanza di litio ed elio, la distribuzione delle galassie, e molti altri, vengono ignorati o ridicolizzati. Questo dimostra la crescita di una mentalità dogmatica, estranea allo spirito della libera ricerca scientifica.
Oggi praticamente la totalità delle risorse finanziarie e di sperimentazione nella cosmologia sono dedicate agli studi sul big bang […] Come risultato di ciò, il dominio del big bang si automantiene a prescindere della validità scientifica della teoria […]
Sostenendo solamente la ricerca nell’ambito della concezione del big bang, viene minato un elemento fondamentale del metodo scientifico – la verifica continua delle teorie di fronte alle osservazioni”.
Questa lettera denuncia un caso tutt’altro che isolato nella scienza: la difesa dogmatica della concezione dominante e la lotta al dissenso sono da sempre presenti nella comunità scientifica e sono descritte nel classico saggio di Thomas Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche (Torino, Einaudi, 1969).
Il big bang fa parte delle teorie sulle origini. Si insegna infatti a scuola come l’inizio della storia del cosmo. La storia poi continua con la formazione della Terra, con la comparsa per generazione spontanea del primo semplice organismo, che avrebbe poi generato per evoluzione le varie specie, il tutto sempre ad opera del caso.
Se la teoria del big bang piange, le teorie dell’evoluzione biologica di certo non ridono. Anche queste si automantengono a prescindere dalla loro validità scientifica. Anche per la loro difesa vengono ignorati o ridicolizzati i dati dell’osservazione che non le sostengono. Anche nel loro caso il divario tra i dati dell’osservazione e le teorie viene riempito con entità ipotetiche e mai osservate: sintesi spontanea di isomeri chimici puri, mutazioni spontanee che espandono il genoma, trasformazioni di rettili in uccelli, di mammiferi terrestri in mammiferi marini e altro.
I modelli sulle origini hanno delle difficoltà particolari. वास्तव में, mentre nelle scienze sperimentali le teorie sono passibili di verifica, le teorie sulle origini lo sono molto meno; questo perché i modelli sulle origini fanno parte delle cosiddette “scienze storiche”, nelle quali le verifiche, rispetto ai dati delle osservazioni, sono più di compatibilità che di validità. In assenza di una conferma sperimentale, le teorie sulle origini vengono così difese o rifiutate a seconda delle preferenze filosofiche e ideologiche, cioè per motivi estranei alla scienza.
Di recente la stampa si è occupata – con più rumore – di un’altra lettera di scienziati: quella al ministro Moratti riguardante l’insegnamento del darwinismo a scuola. Una differenza tra la posizione del big bang e quella dell’evoluzione biologica c’è ed è importante. Per quanto riguarda la storia dell’universo, come scritto sopra, vi sono modelli alternativi forse addirittura più validi, anche se politicamente deboli. L’evoluzione biologica non ha invece alternative di tipo materialista: la vita o è avvenuta per generazione spontanea, o è frutto di un disegno intelligente, e nel secondo caso – che è molto più probabile – il disegnatore assomiglia a quello che i credenti chiamano Dio. डियो, però, non gode di buona accoglienza tra gli scienziati, a meno che non siano anche credenti. Ecco perché la lotta tra creazionismo ed evoluzionismo si sposta immediatamente sul piano filosofico e religioso.
Resta il mistero del perché la maggior parte degli scienziati – sicuramente quelli che hanno il controllo del potere – non ammette che non esiste una spiegazione scientificamente valida per l’origine e la diversificazione della vita, ma ci tenga così tanto ad insegnare l’evoluzione fin dalla scuola elementare. Perché sono loro i primi a crederci, o perché vogliono inculcare la loro mentalità dogmatica? Perché non sopportano l’idea di non avere una spiegazione? Perché considerano preferibile “l’abito mentale” evoluzionista per dei motivi filosofici, ideologici, sociali o politii? In questo caso la risposta va cercata sul piano psicologico, filosofico, sociale e politico piuttosto che su quello propriamente scientifico.
I brani di lettera che abbiamo riportati dimostrano che il dissenso sulle origini non è limitato ad un piccolo gruppo di oscurantisti dogmatici e reazionari, ma coinvolge anche molti scienziati in una vasta battaglia per riportare la scienza a quello che dovrebbe essere: cultura del dubbio e verifica continua delle teorie per mezzo delle osservazioni.
और New Scientist – luglio 2015