I manoscritti di Qumran
Il ritrovamento dei manoscritti di Qumran, località sulle rive occidentali del Mar Morto, rappresenta senza dubbio una delle maggiori scoperte archeologiche del nostro secolo.
Nel 1947 – le sponde del Mar Morto erano allora sotto il protettorato inglese, come anche la città vecchia di Gerusalemme – Mohamad ed-Dhib, un beduino della tribù Ta’amireh, cercava una capra sperduta quando il rumore causato da un sasso lanciato in una grotta al fine di far belare l’animale per trovarlo, lo avvertiva della presenza di cocci che si rompevano. Tornato in seguito sul posto con il cugino, si calò nella grotta e trovò diverse giare, alcune delle quali sigillate. In esse c’erano rotoli manoscritti. Essi ne portarono uno ad un antiquario della Chiesa siro-giacobita, soprannominato Kando che lo portò al Metropolita della sua Chiesa Mar Athanasius Yeshue Samuel. Era soltanto l’inizio di una serie di eccezionali ritrovamenti.
Mentre si profilava, alla prossima partenza degli inglesi la prima guerra arabo-israeliana del 1948-1949, il metropolita riuscì a comprare dai beduini altri 5 rotoli, mentre un altro beduino ne vendette uno all’Università Ebraica di Gerusalemme. Soprattutto Mar Athanasius riuscì a farsi rivelare il luogo dei ritrovamento e ad inviare Kando per un sopralluogo.Finalmente il Metropolita, dopo essersi rivolto infruttuosamente in Siria ed in Libano, fece consultare tre manoscritti al prof. E.L. Sukenik che capì l’importanza della scoperta. Erano i rotoli che saranno poi chiamati “Isaia B”, “Il rotolo della guerra” e il “Rotolo degli inni”. Il Metropolita portò altri rotoli all’ASOR (American School of Oriental Research), dicendo che li aveva rinvenuti nella biblioteca del monastero. Erano “Isaia A”, “Il commento ad Abacuc”, “La regola della comunità” e un “Apocrifo della Genesi”. Il 14 maggio gli inglesi lasciarono la Palestina, il 15 fu dichiarato lo Stato di Israele e scoppiò la guerra. Il Metropolita fece portare i manoscritti al sicuro in America e, per un po’, nessuno ne seppe più nulla, finché apparve un annuncio di vendita sul Wall Street Journal di New York, il 1 giugno 1954. Il prof Y.Yadin, archeologo israeliano, figlio del Sukenik, era negli USA per una conferenza e, avvisato da un amico del fatto, si affrettò ad acquistarli per 250.000 dollari. Fu il primo gruppo di testi del “Museo del Libro” di Gerusalemme.
Nel frattempo erano state fatte ricerche accurate in tutte le grotte che erano ora in territorio giordano e tutti i testi ritrovati successivamente furono invece riuniti nel museo dall’altra parte del confine, dove anche i domenicani dell’Ecole Biblique di Gerusalemme cominciarono a studiarli. Dopo la guerra del 1967 tutto cadde nelle mani degli israeliani ed i manoscritti furono riuniti nel “Museo del Libro”.
Oramai tutti i documenti, anche i frammenti minuscoli, sono a disposizione in microfilm, per tutti gli studiosi. E’ una leggenda quella che vuole che alcuni testi siano ancora tenuti nascosti da chissà quale autorità politica o religiosa. Alcuni frammenti più piccoli non sono stati ancora decifrati, per la difficoltà di ricomporre i testi. Essi potrebbero riservarci ancora qualche sorpresa.
La comunità di Qumran
Esiste ormai un sostanziale accordo fra gli studiosi che la comunità di Qumran appartenga al più ampio gruppo religioso degli Esseni, uno dei tre principali gruppi del giudaismo di epoca neotestamentaria, come ci testimonia Flavio Giuseppe. Gli altri due gruppi sono ben conosciuti anche dalle fonti rabbiniche e neotestamentarie e sono i Sadducei ed i Farisei.
“Esseni” è termine conservatoci nel greco di Flavio Giuseppe. Designa i discendenti degli Assidei (o “Hassidim” , i “Pii”), dopo lo scisma verificatosi nel movimento nel 152 a.C. Deriva dall’ aramaico “hassaya” (pl. “Hasin”), ” i Pii” . Questo soprannome fu dato loro probabilmente dai farisei. Gli esseni avevano regole di condotta ancora più rigorose dei farisei, accentuando l’aspetto legalistico.
La comunità di Qumran aveva così scelto di vivere lontano non solo dagli influssi dell’ellenismo e del paganesimo, ma anche dall’ebraismo ufficiale di Gerusalemme, quello dei sacerdoti, dei sadducei e dei farisei, che riteneva non conforme alla Torah ed alla volontà divina. I testi ci testimoniano anzi che la visione del futuro della comunità era improntata all’attesa di una guerra, attraverso la quale finalmente il culto del Tempio sarebbe stato riportato alla purità desiderata.
Il sito di Qumran fu abbandonato, intorno al 68 d.C., durante la prima guerra giudaica, prima della capitolazione di Masada – che non è distante da Qumran e, prima della fuga, i manoscritti in possesso della comunità furono accuratamente nascosti nelle grotte circostanti probabilmente nella speranza di un futuro ritorno. Sappiamo da Flavio Giuseppe che numerosi Esseni furono uccisi dai Romani.
Le controversie più aspre sorte in seguito al ritrovamento dei testi del Mar Morto, riguardano le loro relazioni con il Nuovo Testamento e il Cristianesimo delle origini.
Le ipotesi di coloro che hanno voluto trovare collegamenti diretti tra gli Esseni di Qumran e le prime comunità cristiane, appaiono oggi pressoché infondate. Il nome e la figura di Gesù, ad esempio, fondamentale nel Nuovo Testamento, non è mai presente nei manoscritti di Qumran. Ma, soprattutto, appare antitetica al Nuovo Testamento l’impostazione qumranica legalista e la sua visione messianica caratterizzata da una maledizione dei figli della luce e preparante uno scontro armato con loro. La constatazione di differenze concrete, nonché considerazione generali di natura storico-religiosa impediscono così di ammettere una derivazione diretta del Cristianesimo dalla comunità di Qumran o dalle altre sette ebraiche presenti in Palestina in epoca neotestamentaria.
I manoscritti di Qumran
I manoscritti di Qumran si sono conservati, alcuni di questi pressoché intatti, per circa due millenni, a causa dell’ assenza di umidità . Le undici grotte di Qumran ci hanno fornito i resti di circa 800 frammenti (poi catalogati con una cifra di cui il primo numero indica la grotta, es.: 4Q= quarta grotta), datati tra il III secolo a.C. e il I secolo d.C. (gli anni dell’ esistenza appunto della comunità ), scritti o copiati a Qumran oppure portati sulle rive del Mar Morto da altri luoghi. Sono scritti generalmente in ebraico, ma anche in aramaico, raramente in greco.
I testi rinvenuti a Qumran ci fanno conoscere l’impostazione fortemente legalista del movimento essenico. Possiamo vedere, nel cosiddetto ” Documento di Damasco” , che era già noto per il suo ritrovamento nel 1896-1897 nella ” gheniza” della sinagoga di Ezra nella parte vecchia del Cairo, ma che è stato poi ritrovato in dieci manoscritti nelle grotte di Qumran, le regole alimentari: ” Quanto ai pesci, non li mangino a meno che non siano stati aperti vivi e versato il loro sangue. E tutte le locuste, secondo il loro genere, saranno messe nel fuoco o in acqua quando s o no ancora vive, poiché questa è la norma delle loro specie. E tutti i legni e le pietre e la polvere che sono contaminate con impurità dell’ uomo, per contaminazione di olio in esse, secondo la loro impurità renderanno impuro chi le tocca. E ogni utensile, chiodo o perno nel muro che è con un morto nella casa, sarà impuro della stessa impurità degli utensili da lavoro” . Sempre nello stesso documento possiamo leggere le strettissime regole riguardanti il sabato: ” Nessuno aiuti a partorire un animale, il gio r no del sabato. E se cade in un pozzo o in una fossa non lo si tiri su, di sabato. Nessuno profani il sabato per ricchezza o guadagno, di sabato… E ogni uomo vivo che cade in un luogo di acqua o in un luogo, nessuno lo tiri su con una scala, una corda o un utensile. Nessuno offra nulla sull’ altare, di sabato tranne il sacrificio del sabato, perché così è scritto: soltanto le vostre offerte del sabato”. Oltre al ” Documento di Damasco” è stata ritrovata la celebre “Regola della comunità “, che ci informa sulla struttura gerarchica della comunità e sulle regole per l’ammissione ad essa. Possediamo anche “Il rotolo del Tempio” che sembrerebbe fornire non tanto una descrizione della prassi dell’ebraismo del tempo, quanto piuttosto il rituale che a Qumran si riteneva dovesse essere osservato nei sacrifici e nella liturgia del Tempio.Molto importante è anche il ” Rotolo della guerra” che affronta il tema del conflitto dei ” figli della luce” e dei “figli delle tenebre”. Eccone l’inizio, che annuncia la guerra con i popoli pagani e con l’ ebraismo non fedele alla Legge: “E questo è il libro della regola della guerra. L’ inizio si avrà allorché i figli della luce porranno mano all’attacco contro il partito dei figli delle tenebre, contro l’esercito di Belial, contro la milizia di Edom, di Moab, dei figli di Ammon, contro gli Amaleciti e il popolo della Filistea, contro le milizie dei Kittim di Assur, ai quali andranno in aiuto coloro che agiscono empiamente verso il patto” . Famoso per la curiosità che ha suscitato è il ” Rotolo di rame” che è stato difficilissimo aprire per l’ ossidazione del rame da cui è costituito e che contiene quelle che sembrano essere le indicazioni di tesori e monete nascosti che, comunque, non è stato possibile ritrovare.
Fanno parte dei manoscritti di Qumran, almeno in stato frammentario, tutti i libri della Bibbia ebraica (“protocanonici”), tranne quello di Ester (anche se altri testi dimostrano che esso non era sconosciuto) oltre ad altri testi apocrifi e agli scritti riguardanti la dottrina di Qumran.
Il più noto è il famoso 1QIsA (Rotolo A – poiché di Isaia a Qumran esiste anche una seconda copia più frammentaria detta B – del profeta Isaia rinvenuto nella grotta 1). Questo grande rotolo di Isaia, lungo quasi 7,5 metri risale a più di 2.200 anni fa. Diciassette pezzi di pelle sono stati cuciti per formare questo rotolo. Su 54 colonne sono scritti tutti i 66 capitoli del profeta Isaia. Sul margine all’estrema sinistra, si riconosce la cucitura fra due pezzi di pelle. Durante la rilettura, lo scrittore ha aggiunto le parole mancanti, inserendole fra le righe. Quando il posto per la correzione non bastava, egli ha continuato a scrivere in margine verso il basso.
Il testo di 1QIsA è un testo consonantico, senza la vocalizzazione che solo nel Medioevo diverrà usuale (ma, tuttora, nella lettura sinagogale, i rotoli della Torah non hanno vocalizzazione scritta). Il suo testo consonantico è assolutamente uguale a quello che conosciamo dalla Bibbia masoretica, i cui manoscritti più antichi in nostro possesso risalgono al X secolo d.C. Questo ci da conferma della serietà della trasmissione scribale del testo sacro.
Una distinzione – che è ormai usuale negli studi scientifici sul profeta e che aiuta a distinguere differenti autori e periodi nella composizione del libro – tra un primo, un secondo (Deuteroisaia) ed un terzo Isaia (tritoIsaia) non è riscontrabile in questo rotolo, visto che i capitoli 39 e 40 sono stati copiati sullo stesso pezzo di pelle. Lo stesso dicasi per i capitoli 55 e 56. Il rotolo è scritto praticamente di getto. Una lacuna notevole di tre righe, si trova soltanto alla fine di Isaia 33 – cioè esattamente al centro del rotolo. Sembra che due scrittori si siano divisi il compito di trascrivere il testo.
E’, però, importante rilevare che varianti significative rispetto al Testo Masoretico sono state trovate in frammenti di altri libri biblici rinvenuti a Qumran, ad esempio in alcuni brani del Deuteronomio (Dt 32, 8) dove l’ebraico medioevale dice “figli di Israele” abbiamo a Qumran “figli di Dio” e nella LXX “angeli” (cosa che farebbe pensare a residui di politeismo presenti in testimoni più antichi e scomparsi poi nella tradizione del testo).