La Bibbia di Giovanni Luzzi

image_pdfimage_print

Giovanni Luzzi (1856-1948), originario dell’Engadina, professore di teologia presso la Facoltà valdese di teologia, traduttore della Bibbia, ecumenista, portò a termine l’ardita impresa di tradurre e commentare da solo l’intera Bibbia in dodici volumi.

Giovanni Luzzi era nato a Tschlin, villaggio della Bassa Engadina, nel 1856. In quell’anno, e pochi giorni prima della sua nascita, gran parte del villaggio fu distrutta da uno spaventoso incendio. Molti abitanti di Tschlin – e la famiglia dei Luzzi figurava tra questi – vedendo compromessa ogni possibilità di continuare a vivere in Engadina, emigrarono in Toscana. Giovanni Luzzi crebbe a Lucca dove il padre aprì un modesto caffé – il “Filarmonico”, ribattezzato più tardi “Caffé della Fratellanza”- e una drogheria. Nel 1873 la madre di Giovanni Luzzi morì, colpita da vaiolo. Tre anni più tardi, quando Giovanni non frequentava che la seconda liceo, morì anche il padre. All’età di vent’anni Luzzi si trovò dunque a essere capo di una famiglia, e di un’impresa che andava sempre peggio.

Terminato il liceo e trovata una sistemazione alle sorelle – e dopo avere affidato caffé e drogheria all’unico zio paterno – si iscrisse ai corsi di teologia della Facoltà Valdese, allora a Firenze. Animato da profonda passione filologica, Luzzi frequentò in quegli anni anche i corsi di ebraico di David Castelli e di letteratura latina di Trezza all’Istituto fiorentino di Studi Superiori. Nel 1880, terminati gli esami del terzo anno, Giovanni Luzzi si trasferì dalla Facoltà di Teologia, in via dei Serragli, all’Asilo Comandi, in via Aretina.

L’Asilo – un orfanotrofio fondato dal dottor Giuseppe Comandi, un evangelico – offriva a circa cento bambini un’ottima formazione scolastica e allo stesso tempo la possibilità di imparare un mestiere in officine ben attrezzate. La pedagogia adottata nell’Asilo era, come si vede, di chiara ispirazione pestalozziana. Luzzi era incaricato dell’educazione religiosa, ma anche di accompagnare i ragazzi nella loro vita quotidiana, di consigliarli e incoraggiarli. Di tanto in tanto predicava nella cappella dell’Asilo, andava a visitare i malati e si dedicava al lavoro di evangelizzazione tra gli operai dei quartieri proletari di Oltr’Arno.

Accanto al lavoro nell’Asilo e ai suoi studi privati – continuati con grande zelo anche dopo gli anni trascorsi presso la Facoltà di Teologia – Luzzi trovava anche il tempo per aiutare il suo ex professore, Paolo Geymonat, nel lavoro pastorale alla chiesa evangelica fiorentina dell’Oratorio. Riponendo nella gioventù le sue speranze di un risveglio della cultura religiosa in Italia, Luzzi si dedicava anche al lavoro pastorale tra i giovani collaborando alla fondazione, sempre a Firenze, dell’Associazione Evangelica per la Gioventù.

Dopo sette anni presso l’Asilo Comandi, la chiesa valdese, in segno di riconoscenza, offerse a Luzzi una borsa di studio per Edimburgo. Prima di partire per la Scozia Luzzi presentò la tesi di laurea e chiese la consacrazione al pastorato. Fu consacrato pastore, a Torre Pellice, nel settembre 1866.

A Edimburgo Luzzi proseguì lo studio dell’ebraico (coltivato, a Firenze, negli anni precedenti, con Francesco Scerbo), si dedicò alla lettura degli studi biblici dei teologi tedeschi, che incontravano grande interesse in quegli anni in Scozia e in Inghilterra e rimase affascinato dal lavoro sociale dell’Esercito della Salvezza. Quando da Firenze gli giunse la richiesta di assumere, al suo ritorno, l’incarico di pastore alla comunità di via dei Serragli, Luzzi accettò immediatamente. E dopo aver sposato la scozzese Eva Henderson, rientrò in Italia.

Negli anni successivi Luzzi dedicò ogni sua energia agli studi biblici e al lavoro nella comunità valdese fiorentina. Tra le sue numerose iniziative, a Firenze, vanno segnalate anche l’apertura delle cucine economiche e di un dispensario medico. Nel quartiere di San Frediano, sovrappopolato e immiserito, Luzzi diede avvio, in una sala dell’ex convento agostiniano di Borgo Stella, a una specie di cucina popolare, dove gli abitanti del quartiere più bisognosi potevano avere un pasto caldo. E insieme a suo cognato, il medico scozzese Thomas Henderson, Luzzi aprì accanto alle cucine un piccolo ospedale di quartiere. Nel dispensario, che i due diressero fino al 1914, Henderson visitava i pazienti gratuitamente due volte la settimana. Un farmacista fiorentino metteva a disposizione le medicine e ai bambini venivano dati regolarmente olio di fegato di merluzzo e latte.

Nel 1902, Luzzi fu chiamato a ricoprire la cattedra di teologia sistematica alla Facoltà Valdese di Teologia. Attento agli sviluppi più recenti nel campo degli studi teologici, Luzzi introdusse il mondo evangelico italiano al pensiero della teologia liberale. Le opere degli studiosi protestanti tedeschi Ritschl e Von Harnack – per citare solo due nomi tra i più rappresentativi del liberalismo teologico – furono presentate e diffuse negli ambienti protestanti e cattolici di tutta Italia. La teologia liberale sottolineava i valori etici dell’evangelo, esprimeva una straordinaria fiducia nel progresso della storia (che avrebbe portato essa stessa, senza nessuna rottura di tipo rivoluzionario, al regno di Dio) e inaugurava lo studio della storia delle religioni. Fu proprio il liberalismo teologico uno degli elementi che permise a Luzzi di entrare in contatto con molti sacerdoti e teologi cattolici, interessati, come l’oriundo engadinese, a un rinnovamento del cristianesimo attraverso uno studio approfondito delle sue origini e a coglierne, per questa via, l’intima essenza. Nacque in questo periodo l’amicizia con i cattolici “modernisti” (accusati dalla curia romana di eccessiva apertura al dialogo con la cultura moderna e duramente osteggiati) Ernesto Buonaiuti, don Brizio Casciola, Romolo Murri, Giovanni Semeria, Umberto Fracassini e decine e centinaia di laici e religiosi cattolici desiderosi di approfondire la conoscenza delle Scritture e dare, con ciò, nuova vitalità al cristianesimo.

In quegli anni di frenetica attività pastorale, teologica e sociale (ogni settimana trascorreva vari pomeriggi alle cucine economiche di San Frediano) Giovanni Luzzi iniziò l’opera alla quale avrebbe lavorato per 25 anni e a cui soprattutto il suo nome sarebbe poi rimasto legato in Italia. Chiamato dapprima, nel 1906, a far parte del comitato di revisione della traduzione biblica del Diodati (una traduzione dei primi del ‘600, che era ormai superata), pochi anni più tardi fondò una propria casa editrice, la “Amor et fides”, per pubblicare una traduzione biblica interamente rifatta a partire dai testi originali.

Per Luzzi la diffusione della Bibbia era il presupposto indispensabile del rinnovamento morale e civile italiano. Ed effettivamente la sua traduzione ebbe una straordinaria diffusione, sia nel piccolo mondo protestante italiano, sia in numerosissimi ambienti cattolici della penisola. Innumerevoli furono le attestazioni di stima e di gratitudine fatte pervenire a Luzzi da tanti laici, vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi regolari persuasi, come lui, dell’utilità della traduzione per il ministero pastorale. Il successo della traduzione di Luzzi non fu troppo compromesso nemmeno dall’intervento della vaticana Suprema Congregazione del Sant’Uffizio che, con un monito del 2 aprile 1925, cercò di vietarne la circolazione.

Insignito della laurea honoris causa dall’università di Edimburgo, nel 1905, Luzzi fu pure invitato a tenere corsi dalle università statunitensi di Princeton, Harvard, New York e Washington. Tra il 1911 e il 1912 Giovanni Luzzi trascorse alcuni mesi oltre Atlantico e in quella occasione conobbe il candidato alla presidenza Woodrow Wilson (poi presidente degli Stati Uniti dal 1913 al 1921), col quale anche in seguito mantenne contatti epistolari.

Nel 1920 la Facoltà Valdese di Teologia fu trasferita da Firenze a Roma. Quando la nuova sede fu inaugurata, nel 1922, Luzzi, con i suoi 67 anni, già non si trovava a suo agio a Roma. Aveva nostalgia di Firenze e aveva l’impressione che il suo lavoro teologico non trovasse più alla Facoltà quell’eco che egli si sarebbe aspettato. Dopo soli due anni di insegnamento e dopo essere stato ripetutamente interpellato dalla comunità riformata di Poschiavo, si trasferì nei Grigioni, nel 1923. Giovanni Luzzi fu pastore a Poschiavo fino al 1930, anno in cui ritornò a Firenze. Durante gli anni trascorsi a Poschiavo continuò a dedicarsi alla traduzione italiana della Bibbia, collaborò alla traduzione della Bibbia in romancio (con i pastori engadinesi R. Filli e J. Gaudenz), pubblicò raccolte di studi biblici e predicazioni e si impegnò a favore del dialogo tra le comunità riformata e cattolica.

Nel 1940 Giovanni Luzzi si trovava nei Grigioni, in vacanza, quando l’Italia entrò in guerra. Decise allora, con la moglie, di rimanere in Svizzera e si stabilì di nuovo a Poschiavo. Negli ultimi anni della sua vita, Luzzi mutò il suo giudizio sulla gerarchia cattolica. Le persecuzioni clerico-fasciste contro gli evangelici, in Italia, lo spinsero a esprimersi in toni sempre più critici nei confronti della chiesa cattolica. A Poschiavo andò pure delineandosi, in quel periodo, nella riflessione di Luzzi, una valutazione critica dell’intero cristianesimo: accanto alla critica nei confronti del sacramentalismo cattolico e del carattere scarsamente evangelico della messa cattolica, Giovanni Luzzi espresse anche, in studi e articoli, la convinzione che il battesimo dei bambini fosse un grave errore introdottosi nel cristianesimo – cattolico e protestante – e che soltanto il battesimo degli adulti fosse evangelicamente legittimo. E al protestantesimo Luzzi non risparmiava la critica rivolta contro il carattere troppo accademico e non sufficientemente ‘popolare’ della predicazione.

Nel villaggio grigionese di Poschiavo Luzzi rimase fino alla morte, avvenuta il 25 gennaio 1948.

Sulla biografia di Luzzi, per molti versi straordinaria, segnata costantemente dall’ispirazione evangelica, grava tuttavia un’ombra, costituita dalla sua incapacità di porsi in modo critico nei confronti del fascismo. Luzzi, come altre personalità dell’epoca, non fu capace di scorgere, dietro la retorica del regime, il pericolo totalitario e le profonde ingiustizie e la violenza di cui esso era portatore. Al contrario, egli vide in Mussolini un uomo investito di un compito quasi divino, capace di rinnovare l’Italia. E da questa sua valutazione non prese mai pubblicamente le distanze.

Personalità poliedrica e affascinante, il teologo protestante svizzero-toscano Giovanni Luzzi ebbe una rete straordinaria di conoscenze nel mondo teologico, missionario e “pancristiano” internazionale che darà vita al movimento ecumenico e, in Italia, nel piccolo ma vivo mondo modernista cattolico, duramente represso. Giovanni Luzzi fu un vero precursore dell’ecumenismo. Ingiustamente dimenticato dalla reazione anti-liberale della corrente teologica facente capo al professore basilese Karl Barth, l’opera di Giovanni Luzzi è stata recentemente rivalutata in tutta la sua importanza grazie all’accurata ricerca condotta da Hans Peter Dür, pastore, dal 1978, della comunità riformata di Tschlin, il villaggio engadinese dove Giovanni Luzzi era nato.

Potrebbe piacerti anche
Lascia una risposta

This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Accetta Leggi di più

Sei in cerca di verità? Vuoi tranquillità e certezze? Visita la sezione Domande & Risposte!

X