Come già era accaduto per l’Egitto, anche in Mesopotamia l’era delle esplorazioni fu inaugurata con la decifrazione delle antiche iscrizioni e con là riscoperta delle lingue scomparse.
Mesopotamia significa letteralmente (dal greco) “Paese che è in mezzo ai fiumi” (l’Eufrate e il Tigri).
In questa regione, dove la pietra era rara o pressoché inesistente, la sola materia abbondante era l’argilla, che servì fin dagli inizi del 3° millennio anche come supporto scrittorio. Con uno stecco di canna venivano incisi sulla superficie di argilla fresca dei segni corti a forma di cuneo, variamente disposti (di qui il nome di scrittura cuneiforme). Per la decifrazione di tale scrittura occorsero veri e propri geni. Dapprima si cimentò con i testi il tedesco Grotefend, arrivando a qualche modesto risultato. In seguito l’inglese H. Rawlinson, ufficiale della compagnia delle Indie, approfittò di un suo prolungato soggiorno in Persia per studiare da vicino l’iscrizione della roccia di Behistun. Questa era un’iscrizione trilingue dell’epoca degli Achemenidi. Completamente affascinato, l’inglese non si diede pace finché non finì di copiare l’intero testo, ciò che fece a prezzo di grandi fatiche, stando per intere giornate appeso ad una fune in faccia alla parete, mettendo anche a repentaglio la sua stessa vita.
Poi il Rawlinson si accinse alla traduzione, partendo dalla scrittura più “enkel” in antico persiano, per poi passare alle altre due, babilonese ed elamita. Dopo pochi anni Rawlinson ed altri studiosi dichiararono di comprendere i testi. La prova definitiva fu effettuata nel 1857, a cura della Royal Asiatic Society, la quale affidò un testo di recente scoperta a tre studiosi indipendentemente l’uno dall’altro, con preghiera di traduzione. Quando si confrontarono i risultati (che differivano solo per pochi insignificanti dettagli) si capì che un’altra barriera era caduta, come era già capitato 35 anni prima per l’antico Egitto: era nata l’Assiriologia!
Da quel momento, le lingue degli antichi popoli della Mesopotamia cominciarono a rivelare i loro segreti agli studiosi.
Nel frattempo, procedevano gli scavi nei mucchi di rovine del le vallate del Tigri e dell’Eufrate. Poco dopo il 1840 il franco-piemontese Paul Emile Botta scavò, a Khorsabad, il palazzo di Sargon II, re degli Assiri, ricordato dalla Bibbia (ls. 20:1). Alcuni rilievi di quel palazzo sono conservati oggi nel Museo di Torino. Ecco una nota della direzione del Museo: “La scoperta del grandioso complesso con gli splendidi rilievi rivelò al mondo l’Assiria, conosciuta sino ad allora soltanto dai vaghi accenni biblici”. Dichiarazione tipica!
Affermazioni analoghe saranno fatte con le scoperte di Ninive, Babylon, i palazzi ittiti, gli scavi di Ur, la reggia del persiano Serse (Ahasverus), ecc. I racconti della Bibbia avevano quindi dei riferimenti archeologici anche per l’area mesopotamica.
A Khorsabad erano venuti in luce anche dei giganteschi tori alati con testa umana». Alcuni di questi tori sono ora esposti al Louvre.
Ninive venne scoperta “dall’inglese H. Layard sotto i cumuli di rovine del tell di Qujungiq. (In un raggio di 70 Km si trovarono Ninive, Nimrud, Assur, il Palazzo di Sargon II; regione dell’alto Tigri). I bassorilievi di Ninive si trovano oggi al British Museum, (Nel secolo scorso era abitudine di portare i pezzi ritrovati nei vari Musei d’Europa, dove tutti poterono ammirare stupefatti il mondo sconosciuto di quel remoto passato).
Intorno al 1870 fu poi scoperto a Ninive l’archivio reale di Assurbanipal. Erano migliaia e migliaia di tavolette, con testi religiosi, poemi, lettere, resoconti di campagne militari (comprese le campagne contro i regni di Israele e di Giuda, con i nomi dei re ebrei). Di grande interesse per le analogie coi racconti biblici sono le tavolette della creazione e del diluvio.
Verso la fine del secolo scorso, a cura dell’abilissimo archeologo tedesco Koldeway, fu;scoperta Babilonia. Babilonia si rivelò subito luogo irto di difficoltà, in quanto essa era stata distrutta più di qualsiasi altra città antica. Ma lo scavo di Koldeway fu un vero e proprio capolavoro di esplorazione scientifica, e le rovine di Babilonia divennero una miniera di informazioni sulla storia, la cultura e la civiltà babilonese.
La splendida porta di Ishtar, costellata di rilievi di anima li fantastici, fu ricostruita interamente nel Museo di Berlino. Alcuni rilievi di leoni sono esposti al Louvre. Sono stati trovati innumerevoli mattoni con inciso il nome di Nabucadnetzar, ben noto ai lettori della Bibbia.
A Susa, in Persia, i francesi scavarono il palazzo dove visse Serse (l’Assuero del libro di Ester). E a Susa trovarono la stele di Hammurabi, ivi portata dagli Elamiti come preda di guerra da Babilonia. E’ una bellissima colonna di pietra scura su cui Hammurabi, re di Babilonia, contemporaneo dei patriarchi, aveva fatto incidere, in nitidissimi caratteri cuneiformi, il suo codice legale, che presenta parallelismi con le leggi del Pentateuco.
Nella Bassa Mesopotamia gli scavi furono condotti dall’archeologo inglese Sir Leonard Woolley, il quale scavò ad Ur dal 1922 al 1934. (Ur è ricordata dalla Bibbia come “Ur dei Caldei”, patria di Abramo, Genesis 11:31). Una delle più grandi scoperte di Woolley fu quella delle “Tombe Reali” (1° metà del III millennio a.C.), nelle quali furono rinvenuti oggetti di inestimabile valore e di eccezionale raffinatezza. Ur era una delle capitali dei Sumeri, popolazione non semitica stanziatasi nella Bassa Mesopotamia fin dalla metà del IV millennio a.C. Notevoli tra le scoperte di Woolley a Ur furono pure uno strato di sedimenti attribuito al “Diluvio” e molte abitazioni del periodo Isin-Larsa, risalenti all’epoca di Abramo.