La preghiera di Paolo per Onesiforo (2 Timoteo 1:18) dà il permesso di pregare per i defunti?
Alcuni hanno tentato di far valere questa posizione. I teologi cattolici romani spessissimo fanno ricorso a questo testo, nel tentativo di difendere la loro dottrina di preghiera per i defunti. Purtroppo, anche alcuni protestanti hanno perso questa posizione, nonostante la totale mancanza di solide prove, e nonostante le molteplici prove che sono presenti nella Scrittura contro questa pratica.
Conceda il Signore misericordia alla famiglia di Onesiforo, perché egli mi ha molte volte confortato e non si è vergognato della mia catena; anzi, quando è venuto a Roma, mi ha cercato con premura e mi ha trovato. Gli conceda il Signore di trovare misericordia presso di lui in quel giorno. Tu sai pure molto bene quanti servizi mi abbia reso a Efeso. (2Timoteo 1:16-18)
In primo luogo, il seguente articolo da L’Enciclopedia Cattolica (Online) presenta una posizione autorevole per quanto riguarda la questione.
“Nella sua seconda lettera a Timoteo (I, 16-18; IV, 19) San Paolo parla di Onesiforo in un modo che sembra implicare che quest’ultimo fosse già morto: ‘Il Signore conceda misericordia alla casa di Onesiforo’ – come per rivolgersi ad una famiglia che ha bisogno di consolazione. Poi, dopo aver menzionato il fedele servizio reso da lui all’apostolo Paolo in carcere a Roma, arriva la preghiera per Onesiforo ‘Il Signore conceda a lui di trovare misericordia del Signore in quel giorno’ (il giorno del giudizio), infine, nel saluto alla famiglia di Onesiforo viene menzionato nuovamente, senza menzionare l’uomo stesso. La domanda è: che cosa ne era stato di lui? Era morto, come si sarebbe naturalmente capire da ciò che scrive San Paolo? Oppure, che per qualsiasi altra causa si separò definitivamente dalla sua famiglia? La prima è di gran lunga l’ipotesi più semplice e naturale, e se si accetta, abbiamo qui un esempio di preghiera dell’Apostolo per l’anima di un defunto benefattore”
Il testo
In 2 Timoteo 1, vi è una forma di preghiera, a nome della famiglia di Onesiforo (v. 16). Successivamente, nel versetto 18, l’apostolo prega per Onesiforo stesso. Egli chiede al Signore che questo fratello possa “trovare misericordia” in “quel giorno”, che è ovviamente il giorno del Giudizio.
Per quanto riguarda i verbi, essi sono tutti al passato, e dal momento che solo la sua famiglia viene accennata più avanti in 4:19, alcuni hanno ipotizzato che Onesiforo fosse morto e che questa sarebbe una prova (unica) a conferma della dottrina della preghiera per i morti.
In risposta, questo bisogna considerare che:
- Non ci sono prove concrete che Onesiforo fosse morto. Le argomentazioni a favore della sua morte sono tutte basate su deduzioni.
- Per il fatto che delle sue azioni si parla al passato è perfettamente comprensibile in quanto egli non era più a Roma.
- Il fatto che Paolo non parlò di lui in 4:19, e mandò i saluti a quelli di Efeso, non è preoccupante, in quanto Onesiforo stesso poteva essere altrove e non ad Efeso. Poteva essere in missione di evangelizzazione o poteva essersi allontanato in altro luogo per lungo tempo, questo non lo sappiamo, visto che Paolo non dice nulla a riguardo, non dice che era morto e non dice dov’era. Sappiamo solo che lui non era lì con la famiglia.
- Il fatto che Paolo pregò per questo fratello è la prova in sé che egli non era morto, perché non c’è uno straccio di prova nel Nuovo Testamento che attesti che le preghiere per i defunti sono permesse.
- Gli scrittori del Nuovo Testamento non considerarono i libri apocrifi come ispirati e autorevoli. Nonostante li conoscessero, non li citarono mai, questa è la prova lampante che non li consideravano della stessa autorevolezza dei documenti del Vecchio Testamento.
- Se Onesiforo, da uomo pio, fosse stato morto, non ci sarebbe stato bisogno di pregare per la misericordia di Dio, lui era già stato salvato, era già santo e quella misericordia da parte di Dio l’aveva già.
- Se Onesiforo fosse stato morto come un apostata invece (anche se su questo non ci sono prove), la preghiera di Paolo per la sua “misericordia” sarebbe stata inutile, in quanto la misericordia viene conferita sulla base di un rapporto personale con il Signore, non su quella di un altro (Ezechiele 18:20; 2 Corinzi 5:10). Inoltre, i morti malvagi non possono lasciare il loro luogo di tormento (Luca 16:26), e la loro punizione è “eterna” (Matteo 25:46).
Di conseguenza, questo testo della seconda epistola di Paolo a Timoteo non arriva nemmeno lontanamente a fornire la prova tanto ambita dai cattolici per la validità delle preghiere per i defunti.
Grazie ma frequentare i pentecostali non mi interessa: quando ho letto che credono di parlare in altre lingue mi sono subito insospettito, infatti consco bene il passo in cui Paolo dice che il dono di parlare in altre lingue sarbbe cessato!!