“Ma quel capitano aveva risposto all’uomo di Dio, e gli aveva detto: ‘Ecco, anche se il Signore facesse delle finestre in cielo, potrebbe mai avvenire una cosa simile?’ Ed Eliseo gli aveva detto: ‘Ebbene, lo vedrai con i tuoi occhi, ma non ne mangerai'” (2 Re 7:19).
Un uomo retto può essere un mezzo per la salvezza di migliaia di altre persone. I credenti sono “il sale della terra”, sono ciò che trattiene l’empietà (2 Tessalonicesi 2:6-7). Senza di essi, l’umanità verrebbe completamente distrutta. Nella città di Samaria viveva un uomo retto, di nome Eliseo, servo del Signore. La devozione era del tutto estinta alla corte, e il re era un peccatore della peggior specie: la sua iniquità era evidente e conosciuta. Ioram seguì le vie di suo padre Acab, e si fece dei falsi dèi. Il popolo di Samaria cadde come il suo sovrano; si allontanò dall’Eterno. Essi avevano dimenticato l’Iddio di Israele; non si ricordarono dell’avvertimento di Giacobbe, e nella loro empia idolatria si inchinarono davanti agli idoli dei pagani. Perciò, l’Eterno degli eserciti lasciò che i loro nemici li opprimessero fino a quando nelle strade di Samaria si fosse adempiuta la maledizione dell’Ebal: “La donna più delicata e raffinata … che non avrebbe osato posare la pianta del piede in terra, tanto si sentiva delicata e raffinata”, avrebbe guardato con occhio malvagio i suoi stessi figli e li avrebbe divorati a causa della fame alla quale sarebbero stati ridotti dal nemico (Deuteronomio 28:56). In questa situazione estrema un solo uomo retto fu il mezzo della salvezza. Il singolo granello di sale preservò l’intera città; quell’unico servitore di Dio fu il mezzo per la liberazione dell’intera moltitudine assediata.
Per amore di Eliseo il Signore il giorno successivo mandò la promessa che il cibo che non si sarebbe potuto ottenere ad alcun prezzo sarebbe stato venduto al prezzo più basso possibile proprio alle porte di Samaria. Possiamo immaginare la gioia del popolo quando il profeta pronunciò queste parole. Essi sapevano che egli era un profeta del Signore, che era sotto l’unzione, e che tutte le sue profezie passate si erano adempiute. Sapevano che era un uomo mandato da Dio, che proclamava il messaggio dell’Eterno. Certamente gli occhi del monarca devono aver brillato di gioia nell’apprendere la notizia, mentre la moltitudine affamata saltava di felicità al pensiero di essere così presto liberata dalla carestia, gridando: “domani, domani la nostra fame finirà, e mangeremo liberamente”.
Comunque, il capitano sul cui braccio si appoggiava il re, espresse i suoi dubbi. Non fu qualcuno del popolo a fare questo, ma un aristocratico. Non è un caso che raramente Dio abbia scelto gli uomini che sono grandi in questo mondo. Gli onori terreni e la fede in Cristo difficilmente vanno d’accordo. Questo grande uomo pensò: “impossibile!” e, come insulto al profeta, disse: “Anche se il Signore facesse delle finestre in cielo, potrebbe mai avvenire una cosa simile?” (2 Re 7:2).
Il peccato di quest’uomo risiede nel fatto che dopo ripetute prove del ministero di Eliseo, ancora non credeva nelle parole che questi proferiva da parte di Dio. Aveva, senza dubbio, assistito alla mirabile sconfitta di Moab; si era spaventato alla notizia della risurrezione del figlio della Sunamita; sapeva che Eliseo aveva predetto e rivelato i piani del re di Siria, e colpito intere armate con la cecità; aveva visto le bande dei siri nel cuore di Samaria, e probabilmente conosceva il miracolo dell’olio della vedova e il riscatto dei suoi figli dalla schiavitù; la guarigione di Naaman, capo dell’esercito, per mano di Eliseo era un argomento di conversazione alla corte; eppure, nonostante tutte queste prove e conferme dell’autorevolezza e dell’unzione del profeta, quell’uomo dubitò, e lo insultò dicendo che il cielo avrebbe dovuto essere una finestra aperta perché la promessa si fosse potuta adempiere.
Allora, per bocca di quello stesso profeta che aveva appena proclamato la promessa, Dio disse: “Ebbene, lo vedrai con i tuoi occhi, ma non ne mangerai”. E quella profezia, come tutte le profezie del Signore, si adempì: calpestato dalla folla nelle strade di Samaria, il capitano morì presso la porta della città, vedendo con i suoi occhi i beni promessi, ma non potendo mangiarne. Egli vide la profezia adempiuta, ma non visse per poterne godere. Nel suo caso, vedere significava credere, ma non godere di quei beni.
Desidero invitarvi a fare attenzione a due cose: il peccato di quell’uomo e il suo castigo. Forse parlerò molto poco di lui, avendo già spiegato le circostanze, ma parlerò del peccato dell’incredulità e del suo castigo.
I. Innanzi tutto, il peccato.
Il suo peccato fu l’incredulità. Egli dubitò della promessa di Dio. In questo caso particolare l’incredulità prese la forma di un dubbio sulla veracità divina, ovvero sfiducia verso la potenza di Dio. Forse dubitò che Dio potesse davvero intendere quello che aveva detto, o considerò se fosse possibile che Dio adempisse la Sua promessa.
L’incredulità ha più fasi della luna, e più sfumature del camaleonte. Comunemente si dice che il diavolo a volte si presenta in una forma, e altre volte in un’altra. Questo è certamente vero per il primogenito di Satana, l’incredulità, poiché le sue forme sono una legione. A volte l’incredulità si presenta come un angelo di luce. Si fa chiamare umiltà, e fa dire all’uomo: “Non voglio essere presuntuoso; non oso pensare che Dio possa perdonarmi; i miei peccati sono troppo grandi”. La chiamiamo umiltà, e ringraziamo Dio che i nostri amici siano in tali felici condizioni. Io non ringrazio Dio per nessuno di tali inganni. È il diavolo che si traveste da angelo di luce; in realtà è incredulità.
Altre volte vediamo l’incredulità sotto forma di dubbio sull’immutabilità di Dio: “Il Signore mi ha amato, ma forse mi rigetterà domani. Egli mi ha aiutato fino a ieri, e io riposo all’ombra delle Sue ali; ma forse non riceverò alcun aiuto nella prossima afflizione. Potrebbe avermi rigettato; può essersi dimenticato del Suo patto, e dimenticare di avere misericordia”.
A volte questa infedeltà assume la forma di dubbio sulla potenza di Dio. Affrontiamo ogni giorno nuove distrette, siamo presi in una rete di difficoltà, e pensiamo: “Sicuramente il Signore non può liberarci”. Ci sforziamo di liberarci dal nostro peso, ma scopriamo di non riuscirci, pensiamo che il braccio di Dio sia corto come il nostro, e che la Sua potenza sia insignificante come quella umana.
Una forma terribile di incredulità è quel dubbio che impedisce gli uomini di venire a Cristo: essa porta il peccatore a diffidare della capacità di Cristo di salvarlo, a dubitare della volontà di Gesù di accettare un così grande trasgressore. Ma l’incredulità traditrice si rivela nella sua forma più ripugnante, con tutte le sue sfumature, quando porta a bestemmiare Dio, e a rinnegare follemente la Sua esistenza. L’infedeltà, il deismo, e l’ateismo, sono i frutti maturi di questo albero malefico; sono la più terrificante eruzione del vulcano dell’incredulità. L’incredulità mostra la sua vera natura quando, togliendosi la maschera e mettendo da parte il travestimento, avanza impettita sulla terra, proclamando il grido ribelle: “Nessun Dio”, e sforzandosi invano di scuotere il trono della Divinità, elevando le sue braccia contro Jahvè, e con la sua arroganza,
“Carpir dalla Sua mano l’equilibro e lo scettro,
Rigiudicare la Sua giustizia – essere l’iddio di Dio”.
È allora che l’incredulità giunge davvero alla sua completa perfezione, e allora si può riconoscere per quello che realmente è, poiché anche la minima incredulità è fatta di quella stessa natura.
Sono attonito, e sono certo che anche voi lo sarete, quando vi dico che ci sono strane persone nel mondo che non credono che l’incredulità sia un peccato. Strane persone, devo chiamarle, perché la loro fede è solida sotto ogni altro aspetto; però, erroneamente, per coerenza con gli articoli del loro credo, essi negano che l’incredulità sia peccato.
Ricordo un giovane che incontrò amici e ministri, che stavano discutendo se il non credere al Vangelo fosse peccato. Mentre essi stavano discutendo, il giovane disse: “signori, non sono forse in presenza di Cristiani? Voi credete nella Bibbia, oppure no?” Essi risposero: “Siamo Cristiani, naturalmente”. “Allora”, replicò lui, “la Scrittura non dice forse: ‘Quanto al peccato, perché non credono in Me’? E dunque il non credere in Cristo, non è il peccato che condanna i peccatori?”.
Non avrei mai pensato che la gente potesse essere tanto temeraria da azzardarsi ad asserire che “il fatto che un peccatore non creda in Cristo non è peccato”. Pensavo che, per quanto lontano potessero spingerli i loro sentimenti, non avrebbero mai detto una bugia per sostenere la verità, e, secondo me, questo è proprio quello che uomini come loro stanno facendo.
La verità è una forte torre, e non ha mai bisogno di essere sostenuta con l’errore. La Parola di Dio resisterà contro tutte le macchinazioni dell’uomo. Non inventerei mai dei sofismi per provare che l’incredulità dei non credenti non costituisce peccato, poiché sono certo, dato che la Scrittura ce lo insegna, che “il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie”; e quando leggo: “Chi non crede è già condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio” (Giovanni 3:18-19), affermo, e la Parola lo dichiara, che l’incredulità è un peccato. Certamente con persone razionali e senza pregiudizi, non serve fare dei ragionamenti per provarlo.
Non è peccato che una creatura dubiti delle affermazioni del suo Creatore? Non è un crimine e un insulto alla Divinità che io, un atomo, un granello di polvere, osi negare le Sue parole? Non è l’essenza stessa dell’arroganza e l’apoteosi dell’orgoglio che un figlio di Adamo dica, anche solo nel suo cuore, “Dio, io dubito della Tua grazia; Dio, io dubito del Tuo amore; Dio io dubito della Tua potenza”? Oh, amici, credetemi, se poteste mettere insieme tutti i vostri peccati – se poteste prendere assassinio, blasfemia, lussuria, adulterio, fornicazione, e tutto quello è vile, e metterli tutti insieme in un unico grande globo di nera corruzione – essi non raggiungerebbero la gravità del peccato dell’incredulità. Questo è il monarca del peccato, la quintessenza della colpa; la mistura del veleno di tutti i crimini; la feccia del vino di Gomorra; è il primo dei peccati, il capolavoro di Satana, l’opera maestra del diavolo.
Cercherò questa mattina, per un po’, di mostrarvi la natura estremamente malvagia del peccato dell’incredulità.
1. Innanzi tutto, il peccato dell’incredulità ci apparirà di estremamente atroce se ricordiamo che essa è la madre di ogni altra iniquità. Non c’è crimine che l’incredulità non possa produrre. Credo che la caduta di Adamo sia dipesa molto da essa. Fu a questo punto che il diavolo tentò Eva. Egli le disse: “Come! Dio vi ha detto di non mangiare da nessun albero del giardino?” (Genesi 3:1). Sussurando, insinuò un dubbio: “Come! Dio ha detto questo?”, come per dire, “Siete proprio sicuri che Dio abbia detto questo?”. Fu per mezzo dell’incredulità, di quel piccolo dubbio, che l’altro peccato entrò; la curiosità, e il resto seguì; ella toccò il frutto, e la distruzione venne nel mondo. Da allora, l’incredulità è stata la più prolifica madre di tutte le colpe. Un non credente è capace di commettere i crimini più vili che siano mai stati commessi. Incredulità, signori! La causa dell’indurimento del cuore di Faraone, ciò che autorizzò Rabshakeh a bestemmiare, e che causò il deicidio, facendo uccidere Gesù. Incredulità! Ha affilato la lama del suicidio! Ha riempito molte coppe di veleno; a migliaia ne ha condotti alla forca; e molti a una morte vergognosa, poiché hanno assassinato se stessi e sono apparsi con mani grondanti sangue davanti al tribunale del loro Creatore, a causa dell’incredulità.
Datemi un incredulo – fatemi sapere se egli dubita della Parola di Dio – fatemi sapere se egli diffida delle Sue promesse come delle Sue minacce; e con queste premesse, vi dimostrerò che, a meno che una grande potenza non glielo impedisca, quell’uomo si renderà colpevole dei più odiosi e più neri crimini. Ah! Questo è il peccato di Beelzebub; come Beelzebub, è il capo di tutti gli spiriti maligni. È scritto che Geroboamo peccò e fece peccare Israele; e dell’incredulità si può dire che non fa peccare solo l’incredulo, ma fa peccare anche altri; è l’uovo di tutto il crimine, il seme di ogni delitto; infatti ogni cosa che è malvagia e vile giace nascosta in quell’unica parola: incredulità.
E lasciate che vi dica qui, che l’incredulità nel Cristiano è della stessa natura dell’incredulità nel peccatore. Non sarà lo stesso il risultato finale, poiché può essere perdonata nel Cristiano; si, può esserlo, poiché la sua condanna ricadde sull’Agnello; essa fu cancellata ed espiata; ma la sua natura peccaminosa è la stessa. Infatti, se può esserci un peccato più grave dell’incredulità di un peccatore, quello è l’incredulità di un santo. Che un santo dubiti della Parola di Dio – che un santo non abbia fiducia in Dio dopo gli innumerevoli esempi del Suo amore, dopo le migliaia di prove della Sua misericordia, supera ogni cosa. Nei santi, inoltre, l’incredulità è la radice di altri peccati.
Quando sono perfetto nella fede, sarò perfetto in ogni altra cosa; seguirò sempre il precetto se ho sempre creduto alla promessa. Ma è perché la mia fede è debole, che io pecco. Se sono nelle difficoltà, se posso incrociare le braccia e dire: Jehovah Jireh, l’Eterno provvederà, non userò i mezzi sbagliati per uscirne. Ma se sono nella distretta e nella difficoltà, e non ho fede in Dio, che farò? Forse ruberò, o compirò qualche atto disonesto per sfuggire dalle mani dei miei creditori; o se mi sono trattenuto dal commettere una tale trasgressione, posso sprofondare nelle mie ansietà. Una volta che la fede viene portata via, le redini si rompono; e chi può cavalcare un destriero senza redini o briglia? L’incredulità è la madre del vizio; è colei che concepisce il peccato; e, perciò, affermo che è un male fatale – uno dei peccati più grandi.
2. Inoltre, l’incredulità non solo genera il peccato, ma lo nutre anche. Come possono gli uomini continuare a vivere nei loro peccati sotto i tuoni del predicatore del Sinai? Quando un ministro, per la grazia di Dio, grida dal pulpito: “Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle” (vedere Galati 3:10), come può essere che quando un peccatore ascolta le terribili minacce della giustizia di Dio, il suo cuore resta indurito, e così egli continua a camminare nelle sue vie malvagie? Ecco il motivo: è perché l’incredulità verso quelle minacce impedisce che esse possano avere effetto su di lui. Quando i nostri zappatori e minatori vanno a lavorare a Sebastopoli, essi non potrebbero stare davanti ai muri, se non avessero qualcosa che li proteggesse dai sassi; così essi elevano dei terrapieni (masse di terra per arginare o per difesa, n.d.t.), dietro i quali possono lavorare senza timore. Così è pure per i non credenti. Il diavolo gli dà l’incredulità; egli così eleva un terrapieno, e trova rifugio dietro di esso. Ah! Peccatori, quando lo Spirito Santo abbatte la vostra incredulità – quando vi rivela la verità con convincimento e con potenza, come scuoterà la vostra anima la legge!
Se solo l’uomo credesse che la legge di Dio è santa, che i comandamenti sono santi, giusti, e buoni, come si sentirebbe scosso sulla bocca dell’inferno; non ci sarebbero persone formali o assopite nella casa di Dio; non ci sarebbero ascoltatori distratti; né credenti che vanno via e vivono dimenticando che tipo di persone sono.
Oh, una volta che il peccatore si libererà dall’incredulità, come avvertirà i tuoni della legge! Come può accadere che gli uomini ascoltino la supplicazione della croce del Calvario, eppure non vadano a Cristo? Come può essere che quando sono predicate le sofferenze di Gesù, e si conclude esortando: “c’è posto anche per voi” – come può essere che quando ci soffermiamo sulla Sua croce e sulla Sua morte, gli uomini non sono compunti nei loro cuori? È detto:
“La legge e i giudizi induriscono soltanto,
Se operano da soli:
Ma il senso del perdono acquistato col Sangue
Scioglierà anche i cuori di pietra”.
Credo che la storia del Calvario sia sufficiente a spezzare i sassi. Le rocce si spaccarono quando Gesù morì. Credo che la tradegia del Golgota sia sufficiente per far sgorgare lacrime da una selce, e per far scendere dagli occhi dei più miserabili lacrime di amore penitente; eppure noi ve annunciamo, e ve lo ripetiamo spesso, ma chi piange per queste cose? A chi importa? Signori, voi siedete indifferenti come se non vi riguardasse affatto. Oh! guardate e vedete tutto quello che è stato fatto. Non significa niente per voi che Gesù abbia dovuto morire? Sembrate voler dire: “non è nulla”. Qual è il motivo? È l’incredulità che si interpone tra voi e la croce. Se non ci fosse quello spesso velo tra voi e gli occhi del Salvatore, il Suo sguardo amorevole scioglierebbe i vostri cuori. Ma l’incredulità è il peccato che impedisce alla potenza del Vangelo di operare nel peccatore: ed è solo quando lo Spirito Santo la rimuove – solo quando lo Spirito Santo distrugge quell’infedeltà e la abbatte completamente, che possiamo vedere il peccatore venire a riporre la sua fiducia in Gesù.
3. Ma c’è un terzo punto. L’incredulità rende l’uomo incapace di compiere il bene. “Tutto quello che non viene da fede è peccato” (Romani 14:23) è una grande verità sotto diversi aspetti. “Senza fede è impossibile piacere a Dio” (cfr. Ebrei 11:6). Non mi sentirete mai dire una parola contro la moralità; non dirò mai che l’onestà non è una buona cosa, o che la sobrietà non è una buona cosa; al contrario, dirò che sono cose encomiabili; ma dirò anche che sono cose importanti qui in terra, ma non in cielo. Se non avete qualcosa di meglio della vostra giustizia, non raggiungerete mai il cielo. Alcune tribù indiane usano piccole strisce di stoffa al posto del denaro, e se io vivessi lì con loro non avrei nulla da obiettare; ma venendo in Inghilterra, le strisce di stoffa non servono più a nulla. Perciò l’onestà, la sobrietà, e altre simili cose, possono essere molto importanti tra gli uomini – e più esse si trovano nella vostra vita, meglio è. Vi esorto, affinché tutte le cose amabili e pure, e di buona fama, siano in voi – ma esse non vi serviranno lassù. Tutte queste cose messe insieme, senza la fede, non piacciono a Dio. Le virtù, senza la fede sono peccati imbiancati. L’obbedienza, senza la fede, se è possibile che così esista, è disobbedienza rivestita d’oro. Il non credere annulla ogni cosa. È la mosca nell’olio; è il veleno nel piatto. Senza fede, con tutte le virtù della purezza, con tutta la benevolenza della filantropia, con tutta la benevolenza della simpatia disinteressata, con tutti i talenti dell’intelletto, con tutto il coraggio del patriottismo, e con tutte le decisioni di principio – “Senza fede è impossibile piacere a Dio”.
Non vedete, dunque, quanto è malvagia l’incredulità, che impedisce agli uomini di fare il bene? Si, questo vale anche per gli stessi Cristiani; l’incredulità li inabilita. Lasciate che vi racconti una storia – una storia della vita di Cristo. Un uomo aveva un figlio sofferente, posseduto da uno spirito maligno. Gesù era sul monte Tabor, trasfigurato; così il padre di quel giovane portò suo figlio ai discepoli. Cosa fecero i discepoli? Dissero: “noi cacceremo quello spirito da tuo figlio”. Allora imposero le mani al giovane, e cercarono di scacciare il demone; ma sussurrarono tra se e sé “temiamo che non saremo in grado di farlo”. Il giovane incominciò a digrignare i denti, a schiumare e a rotolarsi per terra. Lo spirito infernale dentro di lui era vivo; era ancora lì. Invano essi ripeterono l’esorcismo; lo spirito maligno rimase lì come un leone nella sua tana, e i loro sforzi non valsero a scacciarlo. “Esci!” dicevano; ma non andava via. “Vattene nell’abisso!” gridavano; ma era irremovibile. Le labbra incredule non possono affrontare il Maligno, che ben poteva dire: “La fede la conosco, Gesù lo conosco, ma voi chi siete? Voi non avete fede” (cfr. Atti 19:15). Se avessero avuto fede come un granello di senape, avrebbero potuto scacciare quel demone; ma la loro fede era venuta meno, e quindi non poterono fare nulla.
Osserviamo anche il caso del povero Pietro. Mentre aveva fede, Pietro camminò sulle onde del mare verso Gesù. Fu meraviglioso; lo invidio quasi per questo. E se la fede di Pietro non fosse venuta meno, avrebbe potuto attraversare l’Atlantico fino in America. Ma vedendo il vento forte temette, e pensò “mi spazzerà via”; e vedendo le onde, gridò, “mi sommergeranno”; e deve aver pensato: “come ho potuto essere tanto presuntuoso da voler camminare sulle acque di questo mare?”. E Pietro cominciò ad affondare. La fede era quello che lo sosteneva; ma l’incredulità lo spinse giù. Sapete che voi ed io, in tutta la nostra vita, dovremo camminare sulle acque? La vita di un Cristiano è sempre come camminare sulle acque – la mia lo è – e ogni onda potrebbe ingoiarlo e divorarlo, ma la fede lo fa restare saldo. Ma quando smettete di credere, in quel momento la distretta vi colpisce, e vi fa affondare. Oh, perché dubitate, allora?
La fede produce ogni virtù; l’incredulità le assassina tutte. Migliaia di preghiere sono state strangolate sul nascere dall’incredulità. L’incredulità è colpevole dell’infanticidio di molte supplicazioni; molti inni di lode che avrebbero potuti unirsi ai cori celesti, sono stati soffocati da qualche incredulo mormorio; molte nobili imprese concepite nel cuore sono state fatte appassire dall’incredulità, prima di poter essere realizzate. Molti uomini sarebbero potuti essere missionari; avrebbero potuto predicare con ardore il Vangelo del loro Signore; ma sono stati increduli. Una volta reso incredulo un gigante, egli diventa come un nano. La fede è la treccia Sansoniana del Cristiano; tagliatela, e quand’anche gli cavaste gli occhi, egli non potrà fare nulla.
4. La prossima cosa che osserveremo è che l’incredulità è stata severamente punita. Guardate le Scritture! Vedo un mondo sereno e bellissimo; le sue montagne ridono al sole, e i suoi pascoli gioiscono nella luce dorata. Le giovani danzano, e i giovani cantano. Ma ecco, un antenato venerabile e dall’espressione grave alza la sua mano e grida: “Un diluvio sta per inondare la terra: le fontane del grande abisso saranno ingrante, e tutte le cose saranno sommerse. Guardate quell’arca! Centovent’anni ho impiegato per costruirla; trovate rifugio in essa, e scamperete”. “Aha! Vecchio, vattene via, tu e le tue sciocche predizioni! Aha! Divertiamoci finché possiamo! Quando verrà il diluvio, allora costruiremo un’arca; ma non c’è nessun diluvio in vista; vallo a raccontare agli stupidi; non crediamo in queste cose”. Guardate gli increduli continuare nei loro balli felici. Ascoltate, increduli! Non sentite il brontolio del terremoto? Le viscere della terra si smuovono, ed ecco, dei torrenti le riempiono, giungendo dalle profondità in cui Dio le ha celate. Il cielo si apre; piove. Non gocce, ma nuvole discendono. Una cataratta, come quella dell’antico Niagara, discende dal cielo con uno scroscio potente. Entrambi i firmamenti, entrambe le profondità – quello di sotto e quello di sopra – stringono la loro presa. Ora, increduli, dove siete ora! Questo è il vostro ultimo residuo; un uomo, con a fianco sua moglie, sono sull’ultima sommità che emerge dalle acque. Lo vedete laggiù? L’acqua ha raggiunto i suoi lombi adesso. Ascoltate il suo ultimo grido! Egli sta per essere sommerso – e annega. E quando Noè guarda fuori dall’arca non vede nulla. Nulla! È un vuoto profondo. Tutto è rovesciato, coperto, affondato. Quale è stata la causa? Cosa ha portato la morte sulla terra? L’incredulità. Per fede Noè fu sottratto al diluvio. Per incredulità il resto degli uomini affogò.
E non sapete che l’incredulità impedì a Mosè e Aronne di entrare in Canaan? Essi non onorarono Dio; essi colpirono la roccia quando invece, secondo l’ordine di Dio, avrebbero dovuto parlare ad essa (cfr. Numeri 20:7-12). Essi non credettero; e perciò la punizione venne su di loro, cosicchè non poterono ereditare quella buona terra, per la quale si erano affaticati e avevano lavorato.
Lasciate che vi porti dove abitarono Mosè e Aronne – nel vasto e immenso deserto. Lo percorreremo per un po’; saremo come i Beduini vagabondi, cammineremo per il deserto per un po’. Lì giace una carcassa sbiancata dal sole; là un’altra, e là ancora un’altra. Cosa significano queste ossa secche? Cosa sono questi corpi – là un uomo, e là una donna? Cosa sono tutti quelli? Come sono diventati cadaveri qui? Di certo qualche grande accampamento che era qui deve essere stato spazzato via da un’esplosione, o da un massacro. Ah, no, no. Queste sono le ossa di Israele; quegli scheletri sono le vecchie tribù di Giacobbe. Non poterono entrare nella terra promessa a causa dell’incredulità. Essi non confidarono in Dio. Gli esploratori che avevano mandato dissero che non era possibile conquistare quella terra (cfr. Numeri 13:27 e seg.). L’incredulità fu la causa della loro morte. Non furono gli Anakim a distruggere Israele; non fu l’immenso deserto a sterminarli; non fu il Giordano la barriera che impedì loro di raggiungere Canaan; né furono uccisi dagli Hivvei o dai Gebusei; fu la sola incredulità a tenerli fuori da Canaan. Quale giudizio per Israele, dopo quarant’anni di pellegrinaggio; non poterono entrare a causa della loro incredulità!
Un altro esempio è Zaccaria. Egli dubitò, e l’angelo lo fece diventare muto. La sua bocca fu chiusa a causa dell’incredulità. Ma, oh! se conosceste il caso peggiore degli effetti del dubbio – per farvi sapere come Dio lo ha punito, devo portarvi all’assedio di Gerusalemme, il peggior massacro che la storia abbia conosciuto; quando i romani rasero al suolo le sue mura, e misero a morte gli abitanti, o li vendettero come schiavi al mercato. Avete mai letto della distruzione di Gerusalemme, da Tito? O della tragedia di Masada, quando gli ebrei preferirono uccidersi l’un l’altro piuttosto che cadere nelle mani dei romani? Non sapete che fino a oggi gli ebrei percorrono la terra come pellegrini, senza una casa e senza una terra? Essi sono stati recisi, come un tralcio dalla vite; perché? A causa dell’incredulità. Ogni volta che vedete un ebreo dall’espressione triste – lo riconoscete come straniero di un’altra terra, che percorre come un esile questo nostro paese – ogni volta che lo vedete, fermatevi e riflettete: “Fu l’incredulità a farvi uccidere Cristo, e ora vi ha portati ad essere vagabondi sulla terra; e soltanto la fede – fede nel Nazareno crocifisso – può ricondurvi alla vostra Nazione, e ristorarla al suo antico splendore”.
L’incredulità, vedete, ha il marchio di Caino sulla sua fronte. Dio la odia; Dio le ha inferto colpi durissimi: e alla fine Dio la distruggerà. L’incredulità disonora Dio. Ogni altro crimine tocca il territorio di Dio, ma l’incredulità mira a colpire la Sua divinità, a incriminare la Sua veracità, a negare la Sua benevolenza, a bestemmiare i Suoi attributi, a diffamare il Suo carattere; perciò, l’Iddio di tutte le cose, odia innanzi tutto e principalmente l’incredulità, ovunque esso sia.
5. E per concludere queste osservazioni – dato che mi sono già dilungato abbastanza – permettetemi di ricordarvi che potrete conoscere l’efferata natura dell’incredulità sapendo questo: che è un peccato che può dannarvi. C’è un peccato per il quale Cristo non è mai morto; è il peccato contro lo Spirito Santo. C’è un altro peccato per cui Cristo non ha mai fatto alcuna espiazione. Elencate ogni crimine nel calendario del maligno, e vi mostrerò persone che hanno ottenuto perdono per esso. Ma chiedetemi se l’uomo che muore nell’incredulità può essere salvato, e vi risponderò che non esiste perdono quell’uomo. C’è un’espiazione fatta per l’incredulità temporanea del Cristiano, solo perché è temporanea; ma l’incredulità finale – il dubbio nel quale gli uomini muoiono – non fu mai espiato. Potete sfogliare l’intero Libro, ma vedrete che non c’è espiazione per un uomo che muore nell’incredulità; non c’è pietà per lui.
Se fosse colpevole di qualunque altro peccato, sarebbe bastato che avesse creduto, e gli sarebbe stato perdonato; ma questa è l’eccezione che danna: quando non ha fede.
I demoni lo afferrano! Gli angeli infernali lo trascinano giù al suo destino. Egli è senza fede e incredulo, e tali sono coloro per i quali l’inferno è stato fatto. È la loro parte, la loro prigione, le catene sono marchiate con i loro nomi, e per sempre ricorderanno che “chi non crede sarà condannato”.
II. Concludiamo col secondo argomento, il castigo.
“Lo vedrai con i tuoi occhi, ma non ne mangerai”. Ascoltate, increduli! Questa mattina avete sentito parlare del vostro peccato; ora ascoltate il vostro giudizio: “vedrete con i vostri occhi, ma non ne mangerete”. Spesso è così con i santi di Dio. Quando sono increduli, vedono la misericordia con i loro occhi, ma non ne possono godere. Ora, c’è del cibo; ma ci sono alcuni dei santi di Dio che vengono qui la domenica, e dicono: “Non so se il Signore sarà con me o no”. Altri di loro dicono: “Bene, il Vangelo è annunciato, ma io non so se avrà successo”. Essi dubitano e temono continuamente. Ascoltateli quando escono dal locale di culto: “Allora, hai goduto di un buon pasto spirituale stamani?” “Non ho ricevuto niente”. Certamente; avete visto con i vostri occhi, ma non ne avete mangiato, perché non avevate fede. Se foste venuti con fede, avreste ottenuto un boccone.
Ho conosciuto Cristiani che sono diventati così critici che – spiritualmente parlando – se la loro porzione di cibo non è data al momento opportuno, non è tagliata in pezzi esattamente quadrati, e servita su un piatto di porcellana di prima qualità, non possono mangiarla. Preferiscono farne a meno; e dovranno farne a meno, fino a quando non li raggiungerà la fame. Avranno delle afflizioni, che saranno per loro come il chinino; saranno fatti mangiare dandogli un amaro per bocca; saranno tenuti in prigione per un giorno o due fino a quando il loro appetito ritornerà, e allora saranno felici di mangiare il cibo più comune, servito sui normali piatti, o anche senza nessun piatto.
Ma il vero motivo per cui il popolo di Dio non si nutre sotto il ministero del Vangelo è che non hanno fede. Se credeste, se voi ascoltaste una sola promessa, vi basterebbe; se ascoltate qualcosa di buono da questo pulpito sarebbe cibo per la vostra anima, poiché non è la quantità di quello che ascoltiamo, a farci del bene – ma piuttosto è quello che riceviamo nei nostri cuori con fede sincera e vivente, ad esserci di giovamento.
Ma lasciatemi applicare questo principalmente ai non convertiti. Essi spesso vedono Dio compiere grandi opere, con i propri occhi, ma non se ne possono cibare. Una folla di persone si è radunata qui questa mattina per vedere con i propri occhi, ma dubito che tutti mangeranno. Se gli uomini potessero mangiare con gli occhi, la maggior parte sarebbero ben nutriti. E, spiritualmente parlando, le persone non possono nutrirsi con le orecchie, cioè ascoltando, né semplicemente guardando il predicatore; e così notiamo che la maggior parte della congregazione è venuta solo a vedere; “Ah, sentiamo cosa ha da dire questo chiacchierone, questa canna agitata dal vento”.
Ma essi non hanno fede; essi vengono, ed essi vedono, e vedono, e vedono, e non mangiano mai. C’è qualcuno qui davanti, che si converte; e qualcuno lì in fondo, che è chiamato dalla grazia sovrana; qualche povero peccatore sta piangendo sotto il senso della sua colpevolezza; un altro sta gridando a Dio affinché abbia misericordia; un altro sta dicendo: “Abbi pietà di me, che sono un peccatore”. Una grande opera si sta svolgendo qui, ma alcuni di voi non ne sanno nulla; non si è smosso nulla nei vostri cuori; perché? Perché pensate che sia impossibile; pensate che Dio non sia all’opera. Egli non ha promesso di operare per coloro che non Lo onorano. L’incredulità vi fa sedere qui in tempi di risveglio e di effusione della grazia di Dio, impassibili, non chiamati, non salvati.
Ma l’adempimento peggiore di questo giudizio sta per giungere! Whitefield a volte era solito alzare le mani e gridare – come vorrei poter gridare io se la mia voce lo consentisse – “L’ira a venire! L’ira a venire!”. Non è l’ira di ora che dovete temere, ma l’ira a venire; e ci sarà un giudizio a venire, quando “vedrete con i vostri occhi, ma non ne mangerete”. Mi sembra di vedere l’ultimo grande giorno. L’ultima ora è scoccata. Si ode la campana suonare il suo rintocco funebre – il tempo è passato, entriamo nell’eternità; il mare bolle; le onde sono illuminate con splendore soprannaturale. Si vede un arcobaleno – una nuvola in cielo, e su di essa un trono, e sul trono siede uno che è come il Figlio dell’Uomo. Lo conosco. In mano ha una bilancia; davanti a Lui sono i libri – il libro della vita, il libro della morte, il libro del ricordo. Vedo il Suo splendore, e me ne rallegro; contemplo la Sua apparenza fastosa, e sorrido con gioia che Egli è “ammirato da tutti i Suoi santi”.
Ma c’è anche una folla di miserabili infelici, acquattati per l’orrore, per potersi nascondere, eppure guardano, poiché i loro occhi devono vedere Colui che hanno trafitto; ma quando guardano essi gridano: “Nascondeteci dalla sua faccia”. Quale faccia? “Rocce, nascondetemi dalla sua faccia”. Quale faccia? “La faccia di Gesù, colui che morì, ma che ora è venuto in giudizio”. Ma non potete nascondervi dalla sua faccia; dovete guardare con i vostri occhi; ma non siederete alla Sua destra, vestiti di abiti magnifici; e quando la processione trionfale di Gesù verrà sulle nuvole, non marcerete in essa; vedrete, ma non sarete lì. Oh! mi sembra di vedere adesso, il potente Salvatore nel Suo carro, verso il cielo. Vedete come il Suo grande seguito fa tremare i cieli mentre Egli li porta verso le sommità del cielo. Fila di persone vestite di bianco Lo seguono, e alle ruote del Suo carro Egli trascina il diavolo, la morte, e l’inferno. Ascoltate, come gridano: “Tu sei asceso al cielo; Tu hai preso prigioniera la schiavitù”. Ascoltate, come essi intonano il solenne inno: “Alleluia, il Signore Iddio onnipotente regna”. Guardate lo splendore del loro aspetto; osservate le corone sulle loro teste; guardate i loro abiti bianchi; osservate l’espressione rapita dei loro volti; ascoltate i loro canti innalzarsi al cielo mentre l’Eterno dice: “Mi rallegrerò di voi con gioia, mi rallegrerò di voi con i canti, poiché vi ho fidanzati a me con un amore eterno”.
Ma intanto dove siete voi? Potete vederli, ma voi dove siete? Riuscite a vedere, ma non ne potete mangiare. La tavola del banchetto nuziale è apparecchiata; i vini pregiati dell’eternità vengono messi in tavola; gli invitati seggono al banchetto del Re; ma voi siete lì, miserabili, e affamati, e non potete mangiarne. Se poteste avere un solo boccone dalla tavola – se poteste essere cani per mangiare le briciole che cadono.
Ma per concludere; mi sembra di vedervi in qualche luogo all’inferno, attaccati a una roccia, mentre il rimorso vi tormenta il cuore; ed ecco, lassù, come Lazzaro nel seno di Abraamo, alzate gli occhi e lo riconoscete. “È quel povero che stava presso il mio letamaio, e i cani leccavano le sue ferite; eccolo ora lì, in cielo, mentre io sono condannato quaggiù. Lazzaro – si, è come il Lazzaro della parabola; e io che ero ricco nel mondo temporale ora sono qui all’inferno. “Padre Abraamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua” (Luca 16:24). Ma no! Non può essere; non può essere. E mentre tu giaci lì, se c’è qualcosa di peggio di quello, sarà vedere i santi in cielo. Oh, pensare di vedere mia mader in cielo mentre io ne sono scacciato! Oh, peccatore, pensa, vedere tuo fratello in cielo – colui che è stato cullato nella stessa culla, e col quale hai giocato sotto lo stesso tetto – ma tu ne sei cacciato fuori! E tu, marito, ecco, tua moglie è in cielo, e tu sei tra i dannati. E vedi tu, padre! Tuo figlio è davanti al trono; e tu! Maledetto da Dio e maledetto dagli uomini, sei all’inferno. Oh, l’inferno degli inferni sarà vedere i nostri amici in cielo, e noi stessi perduti. Vi supplico, voi che mi ascoltate, per la morte di Cristo – per la Sua agonia e per il sangue che ha versato – per la Sua croce e la Sua morte – per tutto ciò che è santo – per tutto ciò che è sacro in cielo e in terra – per tutto quello che è solenne nel tempo o nell’eternità – per tutto quello che è orribile negli inferi, o è glorioso in cielo – per quel tremendo pensiero, “per sempre” – vi imploro, riponete queste cose nel vostro cuore, e ricordate che se sarete dannati, sarà stata l’incredulità a dannarvi. Se sarete perduti, sarà perché non avrete creduto in Cristo; e se perirete, questo sarà il vostro più gran rimpianto: che non avete creduto al vostro Salvatore.